I figli dei carcerati salgono su “Barchetta Rossa” – articolo su Foro di Roma

14
giu

Condividiamo con piacere l’articolo pubblicato su Foro di Roma che racconta del nostro progetto nelle casa circondariali di Marassi e Pontedecimo  per aiutare i figli dei carcerati ad uscire dall’emarginazione e dalla povertà educativa nelle quali troppo spesso si vengono a trovare.

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I figli dei carcerati salgono sulla ‘Barchetta Rossa’ per incontrare i genitori all’insegna di una serenità possibile (di G. Barbetta)

la-barchetta-rossa-e-la-zebraI ‘ragazzi della via Pal’ escono dal ghetto grazie a ‘La barchetta rossa e la zebra’, coraggioso progetto per aiutare i figli dei carcerati di Genova ad uscire dall’emarginazione e dalla povertà educativa nelle quali troppo spesso si vengono a trovare. Solo per l’errore di fare ricadere le colpe dei genitori sui figli. Le case circondariali di Marassi e Pontedecimo con la cooperativa capofila del progetto ‘Il Cerchio delle Relazioni’, la ‘Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus’ e numerosi altri partners hanno deciso di togliere dalla strada i figli dei carcerati, che proprio nelle vie situate vicino alle carceri genovesi stazionano mentre uno dei genitori attende l’orario delle visite dell’altro che è rinchiuso. Aspettano fuori, oppure in qualche bar, annoiandosi e rimanendo chiusi nel disagio interiore di non sapere bene qual è la loro storia famigliare, troppo spesso ingarbugliata e poco spiegabile ad un minore.
Ma qualcosa si sta muovendo: a parlare del progetto Elisabetta Corbucci del ‘Cerchio delle Relazioni’ e la vice presidente della ‘Fondazione Rava’, Maria Chiara Roti: “Si tratterà di rendere a misura di bambino le stanze adibite all’attesa dell’incontro coi congiunti detenuti a Marassi o a Pontedecimo –affermano le due organizzatrici del suggestivo progetto di reinserimento sociale dei minori e delle stesse famiglie delle quali fanno parte- Ci sarà una parte del progetto dedicata alla formazione per le persone che lavorano a contatto con la peculiare realtà del carcere, una parte invece sarà a scopo educativo per i ragazzini e per facilitare il rapporto con le famiglie”.
Il programma è già stato illustrato lo scorso maggio ad un centinaio di detenuti: il progetto La barchetta rossa e la zebra è finanziato dal Bando Prima Infanzia (da zero a sei anni) ed è approvato dall’Impresa Sociale Con i Bambini. La barchetta rossa e la zebra è una iniziativa sviluppata in sinergia con l’amministrazione penitenziaria locale e dell’esecuzione penale esterna, il Comune di Genova e le associazioni territoriali del terzo settore: la cooperativa sociale Il Biscione, Veneranda Compagnia di Misericordia, il centro medico psicologico pedagogico LiberaMente, Arci Genova e Ceis Genova. Si avvale inoltre del supporto dell’associazione Bambini Senza Sbarre Onlus, impegnata nella tutela dei diritti dei figli dei detenuti.
Negli spazi riadattati delle due case circondariali i bambini potranno essere seguiti dagli educatori in varie attività ludiche e formative, in attesa dell’incontro con la mamma o il papà. Elisabetta Corbucci illustra le finalità del progetto evidenziando anche che del team fa parte pure “Manuela Caccioni con la quale da tempo già lavoro al Cerchio delle Relazioni, che gestisce il centro antiviolenza dedicato alle donne, centro che prima si trovava in salita Mascherona ed ora si è trasferito in piazza Colombo 3/7 sempre a Genova; al Cerchio delle Relazioni però gestiamo da qualche tempo pure uno spazio dedicato all’uomo maltrattante e lavoriamo in carcere per aiutare chi agisce violenza contro le donne ed i minori mentre al carcere femminile di Pontedecimo siamo attivi con uno sportello dedicato al tema della violenza”. Il primo step è fatto: adesso occorre proseguire alacremente nella messa in atto del rinnovo dei locali “preposti ad accogliere i figli dei detenuti che sono in attesa di incontrare papà oppure mamma. Questi spazi al carcere di Marassi non esistono e per questo i bambini si trovano costretti ad aspettare la visita fuori dalla prigione, per strada oppure in qualche bar”. Complesso il procedimento per riuscire a rendere a misura di bambino le stanze per l’attesa dell’incontro col carcerato: perché alla fine è di questo che si tratta: un bambino spesso piccolo deve incontrare un genitore che ha infranto più o meno pesantemente le regole del vivere civile nella nostra società e per questo motivo si trova rinchiuso. Una situazione spesso “non chiara ai bambini stessi, che molte volte vivono portando con sé un segreto pesante –dice Corbucci- Il genitore che deve crescere da solo il figlio racconta per comodità che l’altro è via per lavoro, ma i dubbi si stratificano nella mente e nell’anima del piccolo, perché il genitore non telefona e poi non torna mai a casa”. Materiale per giocare dunque, mobili simili a quelli che si possono trovare in un’abitazione normale, peluche e colori soft, tutto al fine di creare un ambiente adatto ad ospitare le famiglie dei carcerati e a ricreare un rapporto “tra il genitore che è dentro ed il suo ragazzo, visto che si tratta di situazioni spesso peculiari dove il rapporto tra padre e figlio è tutto da costruire”.
Colloqui psicologici educativi direttamente nel carcere coi genitori fanno parte delle strategie del progetto La barchetta rossa e la zebra: ma quanto costa questo suggestivo piano? “600.000 euro per tre anni, messi a disposizione dall’Impresa Sociale con i Bambini, una piattaforma delle fondazioni bancarie che possiedono fondi da destinare al sociale –spiega Corbucci- Molte ore del progetto saranno dedicate alla formazione ed allo scambio di esperienze fra i vari operatori, tra i quali gli assistenti sociali, la polizia penitenziaria e U.E.P.E. che si occupa delle persone dopo la detenzione”.
L’idea è quella di facilitare il rapporto tra essere ‘dentro’ le mura carcerarie e l’esserne fuori. Le cooperative coinvolte già lavorano all’interno del carcere, la rete sociale quindi era già pronta e dopo i tre anni “bisognerà trovare i modi, i fondi, per andare avanti. La ristrutturazione degli spazi è in fase di partenza, abbiamo iniziato a contattare gli enti per la formazione ed anche il Comune di Genova è partner importante di questa iniziativa”. E i carcerati come hanno preso tale prospettiva? Pare “molto bene: potranno esserci alcune difficoltà sui singoli casi, ad esempio vi sono uomini agli arresti domiciliari e lì bisognerà vedere come riuscire ad incontrarli tutti assieme coi loro bambini”. Corbucci ha infatti ribadito: “I genitori spesso si vergognano di dire che papà o mamma sono in carcere: il lavoro da eseguire sulle famiglie e i ragazzi è proprio quello di riuscire ad avvicinarli alla realtà: troppi segreti impediscono di avere una relazione di fiducia, però un genitore che si dice lavori, non telefona e soprattutto non torna mai a casa la sera mette solo confusione nella testa dei piccoli. Se sa il motivo per cui il genitore non può essere presente, allora sarà più facile lavorarci sopra”. A volte esistono anche “episodi di violenza non detti –affermano dal Cerchio delle Relazioni- Bisogna che le persone arrivino a confidarsi per aiutarci a trovare per loro un’adeguata forma di protezione. Molte donne ad esempio hanno paura che poi la violenza si ritorca contro di loro”.
Soddisfatta Maria Chiara Roti della ‘Fondazione Rava’: “Lavoriamo per l’infanzia – ha dichiarato con una punta di orgoglio – sia in Italia che nel mondo. A Genova siamo in partnership con l’ospedale pediatrico Gaslini e con Casa del Re, struttura per il bambino collocata nel centro storico; la direttrice del carcere di Marassi Maria Milano ci ha chiesto aiuto per accogliere i bambini che aspettano di parlare coi genitori in un luogo congruo: l’attesa per le visite è spesso lunga e i controlli prima di entrare in carcere sono minuziosi”. Importante lavorare in team tra operatori vari coinvolti dalla detenzione dei genitori al fine di “spiegare agli operatori stessi i diritti che hanno sia i figli che i genitori di potersi incontrare con la giusta serenità –spiega Roti- L’associazione Bambini Senza Sbarre per prima ha promosso i diritti della prole dei carcerati, i piccoli non possono vivere col segreto che spesso portano, dicendo al mondo che papà o mamma sono malati, oppure lontani per lavoro. E’ un carico troppo grande sulle loro esili spalle”.
Serve conoscere i bisogni di queste famiglie particolari e spesso occorre pure orientarli nella scelta di servizi sanitari e scolastici: “Quando un detenuto viene preso in carico da un team di educatori ed operatori del settore, la recidiva si abbassa quando tornerà ad essere un uomo libero” spiega Roti. I detenuti di Marassi e Pontedecimo hanno partecipato al progetto disegnando il loro logo ideale, che, con l’aiuto di altri esperti facenti parte del gruppo attivato, è stato trasformato nella barchetta rossa e nella zebra che danno nome al progetto in questione. I carcerati parteciperanno ai lavori di ripristino degli spazi dedicati ai loro ragazzi con apposite borse lavoro: il colore predominante sarà il rosso, la barchetta vuole essere idealmente un omaggio a Genova e al mare, il rosso sarà quello tipico delle facciate liguri, la zebra una punta di ironia e un animale simpatico ai bambini: “Sarà una zebra colorata che girerà quindi per le mura del carcere –conclude la vice presidente della Fondazione Rava- Su questa improvvisata Arca di Noè saliranno anche altri animali, il tema dei figli dei detenuti è un argomento piuttosto nuovo per il sociale, un ambito dove si tratta di lavorare molto per affrontarlo. Per la nostra fondazione fare parte di questo progetto è una sfida nuova ed entusiasmante”.
Il progetto “Barchetta rossa” è sostenuto anche dalla consolidata e preziosa partnership con Andrea Giustini, presidente Gruppo EcoEridania di Genova e corporate partner, che da sempre affianca le iniziative della Fondazione Francesca Rava”.
Gloria Barbetta

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